C’era una volta il miele

C’era una volta il miele

Come preannunciato gli effetti della crisi climatica, che la nostra epoca ha generato, sono sempre più espliciti ed invasivi.

Gli anelli più delicati dell’ecosistema sono ovviamente i contesti in cui gli risultano più visibili.

Dal punto di vista molto specifico del nostro mestiere di apicoltori, osserviamo ormai, da più di dieci anni, un peggioramento della salute e della vitalità delle api. Ma è negli ultimi quattro o cinque che il fenomeno è ancora più evidente.

Le sofferenze, vecchie e nuove, di questi magnifici apoidei, sono ormai veicolate dal carattere catastrofico e sincopato delle stagioni.

In particolare possiamo parlare degli inverni caldi, dei pesanti e reiterati ritorni di freddo in primavera avanzata (tre consecutivi quest’anno), della prolungata siccità estiva, del carattere dei venti e più in generale del susseguirsi di circostanze “estreme” nella nostra zona a clima ex-temperato.

È chiaro che questo è un genere di stress cui l’ecosistema fatica ad abituarsi e che mette a dura prova l’elasticità degli organismi.

 Come allevatore, di un animale mai addomesticato, ho deciso, anche in questa fase, di non intervenire con la nutrizione se non, in estrema ratio, offrendo del miele prelevato dal magazzino a quegli alveari che stavano oggettivamente per morire di fame.

Ai colleghi, che si sono convertiti ad iniezioni di tonnellate di zucchero industriale, sappiamo bene che non è andata meglio dal punto di vista della produzione; in compenso le fatture, per l’acquisto dei prodotti per l’alimentazione artificiale, hanno notevolmente peggiorato una situazione già drammaticamente in perdita.

Questo della nutrizione è solo un piccolo esempio, forse il più semplice da comprendere e da divulgare, a fronte di un’infinità di problematiche, scelte e modificazioni che oggi il nostro mestiere ci richiede e che ci portano sempre più in prima linea sul fronte del cambiamento e della sperimentazione.

L’ape infatti mantiene tutte le caratteristiche di integrazione con l’ambiente circostante proprie di un animale selvatico ed oggi, più che mai, è importante non ostacolare le fasi di adattamento reciproco, rimettendoci il più possibile in mano alla pressione e selezione naturale.

Possiamo immaginare che la capacità di adattamento di questi insetti supererà le problematiche imposte dalle rapidissime modificazioni ambientali operate dalla società umana. Più che immaginarlo si tratta di una speranza. E’ richiesto da parte nostra il massimo impegno nell’osservazione e nel non ostacolare questo processo.

Non vale lo stesso discorso, ovviamente, per il nostro reddito di professionisti, che abbiamo fatto, del susseguirsi delle stagioni e della caducità dei fiori, la materia della nostra sussistenza.

Negli ultimi dieci anni abbiamo visto infatti il lavoro quasi raddoppiare e complicarsi notevolmente.

Di pari passo, invece, la produzione è costantemente diminuita.

Questa stagione è stata particolarmente drammatica su tutto il territorio nazionale.

A macchia di leopardo, qua e là abbiamo registrato alcune situazioni leggermente più “fortunate”, ma in generale il bilancio è disastroso e vien da dire che è il bilancio di un’epoca.

Qui da noi, soprattutto nelle aree interne appenniniche di Umbria e Marche, aver salvato le api è già un buon risultato. Già da giugno, sfidando un po’ la depressione, si è lavorato esclusivamente in funzione del mantenimento ed in previsione della prossima primavera.

Sono tanti preziosi giorni sul campo, un contratto con il futuro, a tempo pieno e non retribuito.

Tuttavia, ai primi freddi inaspettati dell’autunno, le api sembrano essersi stabilizzate ed in buona salute, a dimostrazione che non ci sono più le mezze stagioni ma la primavera verrà.

Se può essere un esempio utile: nella nostra piccola azienda seguiamo al massimo 300 alveari. Grazie a questi fino al 2016 lavoravamo almeno 100qli di miele all’anno. Ma nelle ultime stagioni purtroppo ci eravamo assestati intorno ai 50qli scarsi. Nel 2021, festeggiando i nostri vent’anni di attività, con lo stesso impegno, gli stessi alveari hanno prodotto 5qli.

Quale miglior modo di esplicitare la fase storica?

 Per questo, scrivendo a clienti e appassionati, ci viene da dire semplicemente di avere pazienza, che non c’è limite al peggio e che il peggio probabilmente deve ancora arrivare.

Ci viene da dire che non c’è più prezzo che possa compensare la perdita e quindi prendetene semplicemente finché ce n’è ed impariamo a fare senza.

Ricordiamo che anche quest’anno non andremo in giro da colleghi e grossisti a comprare il prodotto da rivendere perché non ci piace come pratica, non l’abbiamo mai fatto e perché tanto anche volendo quest’anno non c’è!

Ci vien da dire che noi abbiamo molto lavoro da fare e che sarà un piacere farlo anche insieme.

Intanto per campare abbiamo deciso di reinventarci anche in altri mestieri, ma anche questa volta non abbandoneremo i nostri alveari.

 

Tommaso Lombardi per Apicoltura Corbecco